“Il compito più difficile nella vita è quello di cambiare se stessi” questa frase di Nelson Mandela sembra cucita su misura per Simone Iacozza. 31 anni a luglio, una laurea in Scienze Motorie e una vita già ben organizzata a bordo vasca per dare il suo contributo alle squadre agonistiche di nuoto.
Per dieci anni lo sport è stato il suo pane quotidiano (mai metafora più indicata a pensarci oggi). Poi nel 2020 è arrivata la pandemia con quel fardello di chiusure che rendeva difficile guardare oltre le 24 ore.
Da Valentino Tafuri la passione per la panificazione
Ero a casa, come tutti del resto. I centri sportivi chiusi di botto e così pur di non stare fermo mi sono avvicinato al mondo della panificazione che seguivo attraverso i profili di Valentino Tafuri. Il mio start c’è stato quasi per gioco e ho deciso di investire.
Quando hai scoperto In Cibum?
Proprio attraverso Valentino; vedevo i suoi post e ho preso informazioni.
Ci descrivi la tua esperienza a scuola?
La prima cosa che mi ha colpito è stata l’organizzazione, che ho ritrovato durante il percorso. Questo è stato l’impatto. Se poi dovessi fare una classifica, invece, al primo posto metterei l’umanità che ho riscontrato in tutti i docenti, per non parlare del rapporto che si è creato con lo stesso Valentino e lo chef Marco Cefalo. Se posso dilungarmi, anche solo di qualche secondo, vorrei ricordare le persone dell’ufficio di In Cibum, senza le quali la scuola non potrebbe funzionare. Mi sono sentito ascoltato, da ognuno. I docenti, poi, riescono ad andare al di là dell’insegnamento, non sei mai solo in aula: per la serie “questi sono i corsi e finisce qui”.
Quali porte si sono aperte dopo il corso?
Ho lavorato un anno con Valentino, poi è arrivata l’Osteria Francescana con chef Massimo Bottura a Modena. In quel periodo stavo lavorando a Fondi, la mia città, per una grande azienda di panificazione e mi proposero lo stage ad Osteria; non ho avuto un attimo di esitazione. Mi sono licenziato e sono partito, destinazione Modena.
E poi…
Finito lo stage sono tornato a Salerno, intanto mantenevo ottimi rapporti con il responsabile e dopo pochi mesi mi hanno richiamato per un progetto sul bakery. Qui si lavora sui prodotti da forno per il ristorante, ma non solo.
Quanto conta questa esperienza sulla tua formazione?
Tanto. Non è un posto di massa dove diventi una macchina, ogni giorno imparo a come far risaltare i dettagli. È un continuo lavoro di ricerca.
Cosa ricercate?
Il meglio.
Dove e come immagini il tuo futuro, oggi?
Nel mondo dei lievitati, questo è certo. Non so se la mia strada è nella ristorazione o in una realtà tutta mia.
Il Simone legato allo sport quindi lo archiviamo?
No, vive dentro di me e lo ritrovo ogni volta che cerco di realizzare un prodotto bello, buono e salutare. Ad Osteria ci alleniamo a ricercare la materia prima di alta qualità e questo è un presupposto importante. Il resto è nel bilanciare gli ingredienti in modo da trovare il giusto equilibrio: ad esempio realizzare un pane con più fibre, con il giusto apporto di minerali e con il lievito madre per la digestione.
Il futuro come lo immagini?
Nel lungo futuro vorrei qualcosa di mio. Sul come, ci sto lavorando.