Vincenzo Matonti lo sa che il futuro non sarà in discesa. Ciò che non sa – adesso- è come e dove lo immagina. Il suo oggi è a Casa Maria Luigia a Modena, a quasi 700 Km dalla sua Cava de’ Tirreni, la cittadina che l’ha visto crescere, formarsi e poi andare via per cercare nuove strade.
25 anni e la consapevolezza di un percorso, quello nel food, che è solo all’inizio e che di sorprese ne riserverà di certo. Vincenzo il suo domani l’ha cercato sin dagli anni dell’alberghiero. Ha iniziato a lavorare subito. L’indecisione era tra sala e cucina. Tre anni all’Hotel Scapolatiello sono stati una palestra che ha vissuto senza porsi limiti.
Dalla Germania a In Cibum, per poi spiccare il volo…
Lì ho imparato le basi. A ripensarci mi viene in mente una metafora: le navi sicure sono al porto. Le cucine tranquille non creano chef bravi. In quei 36 mesi mi sono scontrato spesso con me stesso. Quante cose non sapevo. Ho imparato a gestire il caos, lavoro su lavoro. E mi piaceva. Ho capito che c’erano i presupposti per andare di città in città e imparare ancora.
E dove sei andato?
In Germania. Per un anno. Poi è arrivato il Covid. Ed ho iniziato a pensare che questa non era la mia strada. Mi sono iscritto ad Economia, ma non mi sono mai presentato. Mi mancava la cucina.
Come sei arrivato ad In Cibum?
Lo chef dove lavoravo m’invitò ad andare ad una dimostrazione di Electrolux proprio ad In Cibum; c’era Tommaso Foglia che preparava i dolci. Mi ha incuriosito subito. Ho pensato di iscrivermi ad una masterclass. Volevo capire se era quello che cercavo. La conferma è stata immediata.
Cosa hai imparato frequentando questa scuola?
Ho appreso dei modelli. Parto da chef Marco Cefalo, persona che mi ha insegnato il rispetto. Poi a ruota tutti i docenti che si sono alternati nei laboratori: ogni volta che proponevano un piatto ci facevano comprendere quale era il pensiero dal quale era nato. Con loro ho capito i perché dei piatti.
Quella volta accadde che…
In cucina, per una masterclass, c’era chef Hiro con il suo paniere di novità e con lui abbiamo fatto un viaggio immersivo; mi ha aperto le porte di mondi nuovi da scoprire. Come non citare chef Iannotti con il suo carico di personalità.
Se mi dovessi dire in cosa In Cibum fa la differenza?
Nei dettagli. Penso alle contestualizzazioni sperimentate con chef Cefalo partendo dalle tradizioni e dall’idea costruttiva che nulla è a caso.
Lo stage ad Osteria Francescana e l’approdo a Casa Maria Luigia
Il dopo In Cibum?
La sfida di essere assistente nella scuola dove sei stato allievo. Dovevo essere impeccabile. Ne avvertivo la responsabilità. Poi mi è stato proposto lo stage ad Osteria Francescana e da lì è nata l’occasione di fare un’esperienza a Casa Maria Luigia.
Un bel salto…
Indietro nel tempo. Con Jessica Rosval, Lara Gilmore e Massimo Bottura c’è solo da imparare. Il servizio inizia sempre con uno speach sulla storia del piatto. Qui sto imparando che in cucina si creano emozioni, che ogni ingrediente va scelto con cura per creare quel viaggio di gusto unico e irripetibile. È il teatro del food.
Il futuro ti spaventa?
A giorni alterni. Cosa accadrà e come non lo so, per il momento ci rimbocchiamo le maniche. Se ripenso da dove sono partito ho chiara la consapevolezza dell’arrivo e per me è un valore aggiunto. Nel tempo ho capito sempre più che con umiltà e competenza i sogni si possono realizzare.